Saggio sul lago
Lemano a bordo del sottomarino Auguste Piccard
di
Dott. es scienze
Una parte delle mie ricerche sul lago Lemano concerne gli avvenimenti straordinari che presidierono e s’impressero profondamente nella sua creazione ai piedi delle Prealpi.
Accostai il sogetto utilizzando uno dei metodi della geofisica moderna: la gravimetria.
Rileggendo le publicazioni che feci a quell'epoca (dal 1963 al 1969), mi rendo conto che sono troppo piene di matematica e di fisica per essere proposte al publico. Per questa ragione mi sono data la pena di scriverle su un modo più semplice sbarazzandole del vocabolario specializzato.
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Testi originali:
- Le anomalie della gravità nel cantone di Vaud. Olivier Gonet, 1968, Bull.Soc.Vaud.Sc.Nat.,vo 68, nº 311
- Saggio sulla gravimetria della pianura del Rodano. Olivier Gonet, 1965, Zürich, Offsetdruck: Schmidberger & Müller
- Saggio sulla gravimetria del lago Lemano a bordo del mesoscafo August Piccard. Olivier gonet, Mat. Gól. Siusse, Géophysique nº6, 1969
Queste ricerche sono state effettuate e publicate grazie all'aiuto della "Commission Géotechnique Suisse", organo della "Société Helvétique des Sciences Naturelles", sovvenzionate dalla Confederazione Svizzera
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1) Il problema
Tutta la regione del valle del Rodano e del lago è stata studiata ammirabilmente da diverse generazioni di scientifici. Essi ne fecero uno dei più famosi luoghi della storia della geologia.
Durante tutta la loro vita, questi scientifici hanno percorso in tutti i sensi a piedi le Prealpi, muniti di un cappello tirolese e uno zaino pieno di pietre-campione. In seguito, generosamente, hanno publicato tutte le loro osservazioni, deduzioni, ipotesi e conclusioni. Penso in particolare a M. Lugeon che fu probabilmente il più geniale, a E.Gagnebin, il più colto, a H.Badoux che fu il mio professore rispettato ed ammirato.
Tali geologi eccezionali (senza escludere altri ancora) sono riusciti a ricostituire la storia dei cataclismi straordinari che, col trascorrere del tempo, hanno sconvolto il paesaggio delle Alpi. (Sulla base di tale visione delle cose, ho redatto il capitolo I di questa pagina Web).
Ma, come spesso accade nel campo delle Scienze Naturali, rimanevano alcuni punti da precisare. Per questa ragione l'esistenza stessa della pianura del Rodano e del bacino lemanico è un soggetto di controversie scientifiche ancora oggi. Infatti non esiste nessun fenomeno naturale capace di scavare una depressione oblunga cosí profonda e voluminosa.
Certo ci sono numerosi laghi manifestamente scavati dai ghiacciai. Ma sono piccoli e poco profondi. Esistono anche delle valli bruscamente sbarrate par delle frane. Ma ciò non è il caso del Lemano. La città di Ginevra non è costruita su una diga naturale.
Il bacino lemanico è enorme: Il fondo attuale del lago si trova più o meno all'altitudine zero. Se si sottraggono ancora i sedimenti mobili che lo riempiono parzialmente, arriviamo alla profondità incredibile di 300 metri sotto il livello del mare!
Per un lago, lungo di circa 100 chilometri, è qualcosa di fantastico. Si è propensi a credere che lo scavo di questa formidabile depressione sia l'effetto di uno di quegli episodi geologici drammatici che hanno giallonato la storia delle Prealpi.
Resta da scoprire quale!
Per abordare tale soggetto, ho utilizzato una tecnica classica della Geofisica: la Gravimetria.. Con tale tecnica si arriva a volte su dei risultati piuttosto vaghi, ma sboccano spesso su una vista sintetica delle cose.
1) Il metodo gravimetrico
La gravimetria misura le variazioni dell'attrazione terrestre.
Per meglio dire: l'attrazione è meno forte se si misura al disopra di una grotta che su una mina di piombo.
In principio un apparecchio capace di misurare la forza di gravità è semplice come un giocattolo di bebé: un semplice peso sospeso ad una molla! Spostandolo nel paesaggio, è sufficiente osservare le variazioni dell'allungamento della molla per misurare le variazioni della forza di gravità e dedurne l'aspetto del sottosuolo.
Disgraziatamente le difficoltà si presentano immediatamente: le variazioni sono infime. più o meno il valore di un pfening tedesco quando, durante gli anni '20, era necessario un triglione de marchi per comprare un fiammifero! Bisogna avere un apparecchio capace di misurare lo spessore di un capello d'angelo tagliato in quattro.
Questo tipo di apparecchio esiste. Utilizza, certo, ogni tipo di astuzie tecniche che permettono ad un volgare peso ed una spirale di misurare delle variazioni della forza di gravità dieci miglioni di volte più piccole che lei stessa.
Per questo studio, mi sono servito d'un eccellente apparecchio americano: il gravimetro Worden.
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A tale livello di precisione, ogni tipo di effetti parassiti vengono a modificare le misure:
- La luna e le stelle fanno variare la forza di gravità terrestre (maree). Si deve dunque calcolare il loro effetto e sottrarlo.
- Dall'epoca di Newton, sappiamo que due corpi si attirano in funzione della loro massa e della distanza. Si deve dunque conoscere l'altitudine esatta dei punti di misura e fare dei calcoli di correzione.
- Per la stessa ragione, les montagne circondanti attirano il peso verso l'alto. Le valli agiscono dello stesso modo per mancanza di massa. Ancora dei calcoli.
- Altre variazioni provengono dal semplice invecchiare della molla, delle misteriose ricristallizzazioni interne ecc... Bisogna correggere ancora.
E tutti questi calcoli sono terribilmente lunghi e noiosi. Lo so perchè li ho fatti centinaia di volte...e a mano! A quell'epoca, gli anni 60, i compiuter esistevano solamente allo stato rudimentario. Erano grossi come un castello, cari come un transatlantico e fragili come una rosa agonizzante.
3) Le misure su-lacustri
Sulla terra ferma le misure di gravimetria non presentavano delle difficoltà particolari. Per contro, sul lago, erano impossibili: La più piccola onda, anche i giorni di calma assoluta, rendeva l'apparecchio di misura completamente pazzo ed i risultati incomprensibili.
Il sottomarino "Auguste Piccard"
durante le misure di gravità sul lago Lemano
A quell'epoca si chiudeva a Losanna l'esposizione nazionale. Fra le attrazioni di questa manifestazione, c'era un grosso sottomarino capace di scendere sino al fondo del lago e che Jacques Piccard aveva costruito per i visitanti.
Era esattamente ciò di cui avevo bisogno.
In un primo momento pensai che fosse sufficiente di far scendere il sottomarino di qualche diecina di metri, per trovare delle acque calme e stabili. Ma alle prime prove mi resi conto che mi sbagliavo.
Delle impecettibili correnti obligavano il pilota a correggere continuamente la posizione del sottomarino, cosa che rendeva pazza la lancetta del gravimetro.
Era necessario poggiarsi sul fondo del lago.
Per delle ragioni che ignoro, i costruttori del sottomarino, avevano aggiunto sotto la chiglia una grossa campana contenente un meccanismo stabilizzatore.
D'altra parte questo accessorio, non previsto dal progetto, aveva provocato la collera del signor Piccard che lo considerava assolutamente inutile. Lo stile dei battiscafi della famiglia Piccard s' ispira dei palloni liberi o gli aerei. In questi apparecchi, uno stabilizzatore di tale tipo gli sembrava aberrante, solamente utile in un oggetto immobile.
Insomma, quella campana esisteva e ci amareggiava la vita. Rendeva impossibile atterrire dolcemente sul fondo del lago. Ed è impossibile poggiare un gran battello su una bolla senza che tutto si rovesci.
Dovemmo dunque immaginare un metodo per sprofondare quella maledetta campana nella melma del fondo. Il pilota cominciava esaminando, a raso terra, la superfice prevista per le misure per assicurarsi che non ci fossero nè grosse pietre nè relitti. Poi elevava il sottomarino di una diecina di metri e lo appesantiva bruscamente per farlo arrivare sul fondo con una certa forza, cosa che permetteva di affondarlo un po' nella melma.
Una volta ben piantato, anche se a volte un poco inclinato, potevamo prendere le misure come su terra ferma.
Con questo metodo, le prime tre misure furono perfette. Ero felicissimo del risultato. Fu alla quarta che le cose si guastarono.
Quando si trattò di liberare il sottomarino dalla melma del fondo per andare a mettersi più lontano, sentí il nervosismo aumentare nella cabina di pilotaggio. Il capitano, che era un vero professionale, cercava di rimanere calmo e sorridente, ma con la coda dell'occhio lo vedevo agitarsi sempre di più, manipolando le manette ed i rubinetti con nervosismo.
Senza nessun risultato. Tutto rimaneva immobile.
Una visione un poco sinistra del fondo del lago
visto dal sottomarino
Eravamo incollati al fondo. Fuori le nuvole sollevate all'arrivo, finivano di dissiparsi come la fine di una nevicata. A poco a poco, scoprivamo attraverso i finestrini, una superfice sinistra e grigia, picchiettata da qualche cratere. Un universo glauco e freddo. Fa sempre freddo in un sottomarino. A trecento metri di profondità non potevamo contare con l'aiuto di nessuno. Non potevamo che contare su noi stessi.
Ciò che ci tratteneva sul fondo era qualcosa di semplice. Basta camminare con degli stivali sulla melma per averne l'esperienza. Lo stivale che si è sprofondato nella melma senza nessuna resistenza apparente, di colpo si trova preso come se fosse nel cemento.
Gli scienziati chiamano questo fenomeno la "Tixotropia". Lo dicono di alcune materie apparentemente solide che si liquefanno quando sono agitate e si solidificano di nuovo al riposo.
Prigioniero come era del fondo del lago, il pilota incominciò a fare dei tentativi di marce in avanti ed indietro sempre più rapide. Svuotando i depositi di acqua creò delle enormi bolle di aria e melma.
E...allora...di colpo...la melma ridivenne liquida ed il sottomarino liberato si elevò nell'acqua del lago.
A bordo, evidentemente, il sollievo fece rifiorire i sorrisi e le battute ironiche. Ma dopo questa esperienza traumatizzante, l'equipaggio non piantò più così profondamente la chiglia nella melma, ed io me la sbrogliai per fare malgrado tutto le misure. Certo la precisione di queste ne soffrì un poco, ma protestai solo debolmente!
D'altra parte, grazie alle misure effettuate a terra, sapevo già che l'anomalia gravimetrica concernente il lago Lemano, era enorme, quindi le piccole variazioni perdevano d'importanza.
Per altra parte, la localizzazione precisa del sottomarino sotto trecento metri di acqua era anche lei approssimata e aveva come consequenza una minore precisione.
Acondizione di definire esattamente i margini di errore e di non portare nelle conclusioni finali i risultati al dilà di questi, l'interesse di tali misure rimaneva importantissimo.
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4) Presentazione dei risultati
L'insieme delle misure della gravità fatti su terra ferma e sull'acqua si presentava come una lunghissima lista di numeri senza nessun significato apparente.
Per farle parlare, riportai ciascuna di quelle cifre, su una carta geografica. Poi, come un topografo traccia delle linee di livello, disegnai facilmente le curve lungo le quali la gravità terrestre era costante.
Ed allora apparve il profilo delle visceri profonde del valle del Rodano e del lago.
Fig1) L'anomalia gravimetrica totale
5) L'interpretazione
La fortuna e la casualità mi avevano fatto scoprire una enarme anomalia gravimetrica, sconosciuta sino allora.
In più di una profonda depressione che si stende da St. Maurice, nel valle del Rodano, sino a metà del lago, esistono delle quantità di circoli, fossi, gobbe... assolutamente ammirabili per un geofisico.
-a) L'isostasia
La prima cosa che salta alla vista è che la gravità diminuisce gradualmente mentre ci si sposta dal lago verso le Alpi.
Si tratta di un fenomeno spiegato da tempo da due veri geni scientifici: Airy e Vening Meinesz.
Il loro punto di vista è luminoso:
Affine che la crosta terrestre possa galleggiare sull'inferno più o meno liquido delle grandi profondità come un iceberg sull'acqua (attenzione è una immagine grandemente semplificata) la sua densità deve obligatoriamente essere un poco più bassa.
Altrimenti sprofonderebbe!
Al fine di assicurare questo equilibrio, ad ogni massivo montagnoso devono corrispondere delle enormi radici. Una specie di rilievo in negativo ancora più spettacolare che il visibile. Esattamente come la parte immersa dell' iceberg che assassinò il Titanic. Sotto i continenti, esiste quidi un aumento dello spessore della crosta terrestre. Al contrario, gli oceani corrispondono a una crosta più fina.
Fig 2) L'isostasia o anomalia regionale
(equidistanza delle curve: 5 milligal)
Si conosce pressapoco la densità media di questa crosta, si conosce più o meno la densità media delle masse in fusione sulle quali "galleggia". E possibile, dunque, calcolare l'anomalia gravimetrica che dovrebbero provocare le Alpi se fossero in equilibrio perfetto sulle loro radici.
Ora questa anomalia si rivela troppo importante.
Bisogna quindi ammettere che il bubbone alpino non è completamente finito! Le Alpi devono dunque crescere ancora un poco. Sicuro meno rapidamente che l'erosione le diminuisce, ma insomma crescono e possiamo dire che attualmente viviamo la fine ultima dell'ultimo episodio dell'erezione delle Alpi.
Risulta relativamente facile di sotrarre l'effetto dell'isostasia su una carta gravimetrica di estenzione locale poichè provoca soltanto delle anomalie a grande raggio. A questo scopo esistono differenti tecniche puramente matematiche la cui descrizione non trova posto in questo saggio.
- b) Le anomalie locali
Per circoscrivere il più esattamente possibile l'effetto delle sole etereogenità locali del sottosuolo sulla carta gravimetrica, eliminai tutto ciò che era provocato dalle radici delle Alpi.
A partire da questo momento, mi trovai difronte ad un'altra difficoltà!
Infatti una grossa bolla profonda e leggera ha sulla stadera del gravimetro lo stesso effetto che una piccola superficie (Newton). Questo fatto dà una equazione a numerose incognite ed equivale ad un cammino senza salita.
Era dunque assolutamente necessario di trovare un metodo che permettesse distinguere l'effetto dei sedimenti mobili di poca densità (1,9 a 2,0) che riempiono il bacino, da quello delle masse prealpine (2,67) e del sottostrato sul quale queste ultime si appoggiano (variabile da 2,4 a 2,6). Ora lo spessore di queste differenti masse mi era sconosciuto.
Per fortuna, una volta ancora, disponevo dei differenti dati dei miei predecessori geologhi.
Ecco ciò che utilizzai delle loro numerose osservazioni:
Quando le gigantesche masse prealpine scivolarono sulle pendenti del cuore granitico delle Alpi, esse si lacerarono in due formidabili masse independenti l'una dall'altra.
Tra le due una vasta ferita: La pianura del Rodano.
Da un lato del valle, come dall'altro, gli strati che scivolavano, si torcevano e piegavano indipendentemente, ma le stesse cause avendo i medesimi effetti, è possibile riconoscere vagamente le stesse pieghe sui due versanti del valle.
Certo, le labbra dell'immenso strappo non erano rettilinee. C'erano dei vuoti, delle asperità che, malgrado l'erosione s'indovinano ancora oggi ai piedi delle due masse montagnose.
Una di queste asperità mi fu specialmente utile:
La piccola collina di St. Triphon.
Al giorno d'oggi è un luogo piacevole pieno d'ombre e piantato di vigna. E pertanto, giusto qui, si svolse uno di quegli episodi drammatici frequenti nella storia delle Prealpi.
Questa collina all'origine era una proeminenza piuttosto grossa del vasto strappo che separa le due masse prealpine. Strascinata, da Dio solo sà dove, dalla montagna madre, si sfregò talmente sul fondo del valle che finí col rompersi e staccarsi da lei. I suoi ultimi rapporti con la montagna ebbero come risultato di spingerla e quasi rovesciarla sul fianco come, il relitto di una nave affondata.
Quel relitto mi interessò particolarmente perchè riposa sul fondo del valle tale e quale era prima di riempirsi con i sedimenti del Rodano. Vidi là una occasione di sbarazzarmi almeno di una delle incognite dell'equazione che mi impediva avanzare nelle mie interpretazioni: lo spessore dei sedimenti mobili. Calcolai quindi gli effetti che produrrebbero differenti spessori di sedimenti sulla zona di questa collina. Riportati i risultati in sezione, ottenni i risultati seguenti:
Fig 3) sezione scematica del valle del Rodano all'altezza di St Triphon
In A: sezione topografica, sotto la superfice, con 3 ipotesi di profondità d' alluvione
In B: una serie di sezioni di anomalie gravimetriche. La curva 4 rappresenta l'anomalia misurata. Le curve 1, 2, 3, rappresentano le sezioni dell'anomalia gravimetrica, dopo averne dedotto l'una o l'altra delle profondità supposte in A. Avendo evaluato il Quaternario alla densità di 2,0.
Poichè la collina di St. Triphon si appoggia direttamente sul fondo di rocce del valle, soltato la seconda ipotesi può essere giusta.
Almeno in quel punto, avevo trovato approssimativamente lo spessore dei sedimenti del Rodano.
Applicai lo stesso metodo sulla piccola collina di Port Valais, vicino al bordo del lago.
Disponevo inoltre della chiusura del valle, nel punto in cui le rocce affiorano quasi.
E poi, evidentemente, di due linee continue ai piedi della montagna nel punto in cui i suoi fianchi sprofondano nel sottosuolo del valle o sotto il lago.
Ed è tutto.
Dovetti contentarmi di questi poveri dati per disegnare i rilievi del bacino lemanico come apparirebbero se si avesse la strana idea di svuotarla dai suoi sedimenti mobili.
Riconosco volentieri l'audacia delle mie interpretazioni, ma non potevo fare niente di meglio. Quando i risultati di una campagna di foraggi meccanici o di sismica pesante saranno publicati, tutti i miei calcoli ed interpretazioni potranno essere precisati.
Per il momento atteniamoci all'interpretazione globale delle forme dell'anomalia.
Fig 4) L'anomalia gravimetrica residuale o locale
(equidistanza delle curve: 5 milligals)
Si nota immediatamente che l'anomalia è fortemente dissimetrica. Molto più profonda sul lato sud del valle e sulla riva sud del lago, che sul lato nord.
Ciò è indiscutibile ed importantissimo perchè tale dissimetria si può solamente spiegare con un movimento teutonico di grande importanza.
Il peso mostruoso delle Prealpi, che arrivano sul vecchio suolo autoctono, provocò uno sprofondamento generale di tutta la riva sinistra del lago e del valle del Rodano. Un gruppo di faglie molto importanti e parallele a l'asse del fiume e del lago, ruppero il venerabile sottostrato. Situata al nord di tali faglie, la riva destra rimase praticamente immobile.
In altri termini, l'attuale facciata sud del lago, probabilmente sprofondò sotto il peso delle Prealpi. Tale affondamento tirò con lui il bordo del Tavolato vodese creando il bacino lemanico originale.
I ghiacciai e l'erosione terminarono il lavoro per dare, alla fine, il suo aspetto attuale al lago.
* * *
Ecco, non andrò oltre nell'interpretazione di questa straordinaria anomalia gravimetrica. La semplice onestà scientifica me lo impedisce. Altri scientifici avranno il piacere di completare queste osservazioni e di perfezionare la loro interpretazione. Dovranno senza dubbio utilizzare delle nuove tecniche che non sono a mia disposizione.
Buona fortuna a loro!
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